Bobbi Gibb: la prima maratoneta - SprintNews.it (2024)

In un’epoca, che stiamo vivendo, in cui fortunatamente qualsiasi tipo di discriminazione è ridotta ai minimi termini, fa specie pensare che un tempo, neanche troppo lontano, alle donne fosse vietato, o quasi, partecipare a corse che superassero gli 800 metri di lunghezza e, quindi, meno che mai alla più lunga, la maratona.

Pensate che la prima volta che la distanza dei 42,195 chilometri fu corsa da delle atlete in un’Olimpiade, fu nel 1984 a Los Angeles, mentre il primo record del mondo ufficiale, ratificato da World Athletics allora IAAF, è del 1975, realizzato dalla tedesca Christa Vahlensieck che corse in 2h40’15, ma che era stata anche la prima donna a scendere sotto le tre ore, nell’ottobre del 1973, con il crono di 2h59″26.

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In realtà, nonostante alle donne non fosse consentito correre tale distanza, si trovano nei vari archivi prestazioni di atlete risalenti anche ai primi del novecento, come quello della francese Marie Luise Ledru che risulta corse la distanza in 5h40 circa, nel 1918, ma di fatto nelle grandi maratone internazionali organizzate, sia in competizioni globali che in evento singolo, per le donne l’accesso era assolutamente vietato.

La storia ci racconta allora che nel 1967alla maratona di Boston, la più antica del mondo, un’atleta statunitense di 20 anni, Kathrine Virginia Switzer, abbia deciso di aggirare gli assurdi regolamenti che le impedivano di partecipare, e si iscrisse ugualmente mettendo sul pettorale solo le sue iniziali e un numero, il 261.

Dopo la partenza, il direttore di gara in persona, accortosi della presenza della donna, scese dall’auto che seguiva la corsa e cercò di fermarla, ma la Switzer non era sola essendo in compagnia del fidanzato, anche lui iscritto e anche molto ben dotato fisicamente, per cui riuscì a divincolarsi dall’indegna aggressione e proseguì la sua corsa che la portò al traguardo dopo circa 4 ore e 20 minuti.

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Quel vile comportamento del capo dell’organizzazione, documentato dalla foto del giovane fotografo del Boston Traveler Harry Task, fu la molla che portò alla ridiscussione, negli anni a seguire, di quell’assurdo regolamento e il comitato statunitense della maratonaconsentì la partecipazione delle donne a quella gara già a partire dagli inizi degli anni 70, in particolare con le maratone di New Yorknel 1971 e proprio Boston nel 1972.

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Ma se Kathrine Switzer è stata, ed è ancora celebrata, per quella coraggiosa e decisiva iniziativa, quel di cui poco si parla, ma è ancora più incredibile specie da un punto di vista agonistico è che, in realtà, la prima donna a correre la maratona di Boston fu, un anno prima della Switzer, nel 1966, Roberta Louise Gibb, che corse in un tempo sensazionale, per l’epoca, di 3h21’40, vale a dire circa un’ora meglio della più celebrata Switzer.

C’è un motivo, però, perché si parla meno della sensazionale impresa di Bobbi ed è che, la allora 24enne statunitense, dopo aver mandato regolare richiesta di partecipazione che, ovviamente, fu respinta, si presentò ugualmente il giorno della gara, con normali scarpe da ginnastica, i bermuda del fratello, una felpa blu e un cappuccio per nascondersi.

Partì da dietro un cespuglio e lei stessa ha raccontato come gli spettatori la incoraggiassero e come gli atleti uomini che le correvano intorno l’abbiano protetta per tutta la competizione da eventuali attacchi di qualcuno dell’organizzazione per cui potè finire, in maniera epica, la sua fatica, totalmente disidrata, con i piedi sanguinati per la scarpe troppo strette, ma con un cronorealmente notevole.Bobbi Gibb: la prima maratoneta - SprintNews.it (4)

Roberta Gibb (maratona Boston 1966 foto archivio storico). Ci volle qualche tempo prima che la Boston Athletic Association la riconoscesse come prima vincitrice di una maratona, per quell’anno, ma anche per il 1967 e 1968 dove si presentò ancora, ottenendo dei crono molto simili a quelli della prima partecipazione.

Roberta Gibb si è poi dedicata, con successo, a ben altro, ha una laurea in Giurisprudenza ed è una ricercatrice famosa presso l’Università del Massachusetts Medical Center.

Sicuramente, però, la sua impresa del 1966 ha ispirato quella più eclatante, dell’anno dopo, di Kathrine Switzer, che ha avuto la fortuna di poter avere un pettorale con un numero che l’ha resa celebre.

Il 17 aprile 2017, in occasione del cinquantenario di quel giorno, Kathrine ha nuovamente partecipato alla famosa gara di Boston, indossando il 261, numero che poi in suo onore è stato ritirato dalle future edizioni della manifestazione.

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